Tutto il resto è disco dance: Sono io il mio minotauro

lunedì, aprile 17, 2006

Sono io il mio minotauro

Scappo ancora incravattato dall'ufficio, parcheggio in zona vietata, chiudo la macchina e inizio a correre. Recupero il biglietto comprato mesi prima e mi faccio accompagnare all'interno della sala, dove per raggiungere il mio posto devo anche scavalcare una poltroncina. Ma alla fine ci sono, e ho perso solo una canzone. Teatro Smeraldo, 11 aprile, Vinicio Capossela. Sta attaccando Brucia Troia, vestito da mamutones con l'ormai solita maschera sarda.

"e poi c'è il minotauro, questo strano essere mitologico. Condannato a vivere in un labirinto, sofferente della sua solitudine ma che, per ironia della sorte, appena arriva qualcuno a trovarlo... se lo mangia".

Snocciola uno per uno i brani di Ovunque proteggi, l'ultimo album; bellissimo, ma dal vivo leggermente pesante per la sua disomogeneità e assenza di un filo conduttore.

"l'uomo è uno, uno solo. Ma va sempre in cerca di mille... disfacitrici. E le trova".

Ma è uno show a 360°, con colpi di teatro come la passeggiata per la sala imitando l'Uomo vivo, che cammina in disorientato trionfo per il paese, appena scampata la morte; e con la personificazione dei personaggi cui ha dato vita nell'album. Come la Medusa Cha Cha Cha, condannata a pietrificare gli uomini che la guardano. "non è cattiva, è solo un pò nerviousa. Giustamente, alle volte ha voglia anche lei..."

Prima di ogni canzone Vinicio racconta gli aneddoti e i significati dietro ognuna; Nutless è la storia di come due amici, Noodles e Nutless, si perdono quando uno dei due decide di sposarsi e "andare a letto presto". Si farà risentire tanto tempo dopo, in una telefonata, per chiedersi dove è nata, quella serietà - mandandola affanculo - quando forse era il caso di continuare a buttarsi a piedi pari nella vasca del campari.
Pubblico un pò freddino, durante la prima parte del concerto. Quando però inizia la seconda parte, coi vecchi pezzi, è il delirio. Bastano Maraja e Che cossè l'amor, ma soprattuto l'arrivo di Paolo Rossi (con cui canta due canzoni) a risvegliare il teatro. E poi due canzoni dal Ballo di San Vito, scritte per Milano, "città nella quale è facile arrivare, ma da cui è facilissimo partire". Le case, splendida, è dedicata a un suo vecchio appartamento in corso di Porta Ticinese; e poi Pioggia di novembre, le prime gocce d'autunno che cadono su tutta la città, a lavare i pensieri dal fango e dal mal.
Si avvia alla fine; con l'ultimo pezzo prima dei bis, Al veglione, è riuscito a far alzare in piedi tutti quanti ma non a farli ballare all'incontraire come ho fatto un sacco di volte su quella canzone.
Ma il gran finale atteso è Ovunque proteggi, canzone di assenza, (non dormo ho gli occhi aperti per te), di nostalgia, di errori, ma soprattuto una canzone d'amore senza parlare d'amore come solo lui sa fare. Sassi nelle scarpe, e polvere sul cuore. E' il finale migliore, da ascoltare in piedi ed in silenzio.

Ovunque proteggi la grazia del mio cuore,
adesso e per quando tornerà l'incanto...

2 Comments:

At 18 aprile, 2006 10:57, Anonymous Anonimo said...

cazzone... hai scritto comunque un gran bel pezzo... hihihi.

MC

 
At 18 aprile, 2006 12:15, Blogger Massi said...

Caro il mio MC (o dovrei dire"Silvio B."), in realtà a me non è piaciuto come ho scritto questo pezzo. così come non mi sono piaciuti gli ultimi, da quello su milano in poi.. a memoria quelli che mi sono piaciuti di più sono Jack vs. Elliott, Alta Fedeltà e Milano is my Lady. gli ultimi poco e niente.

sarò in crisi come frank?

 

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