Tutto il resto è disco dance: gennaio 2007

mercoledì, gennaio 31, 2007

Sarà

Sarà che ho preso una forma lieve di influenza, di quelle che non hai febbre e quindi devi uscire lo stesso, ma con tutta una serie di sintomi fastidiosissimi ("problemi" di stomaco, quindi poco cibo, quindi non mi reggo in piedi, e ho mal di testa).

Sarà che è arrivato il freddo, e con i sintomi sopradescritti lo soffro il triplo.

Sarà che oggi Milano era nebbiosa come nemmeno i suoi peggiori detrattori potrebbero immaginarla.

Sarà che è da giorni che penso a quant'era bello quando mi allenavo ogni sera, quando il sabato avevo la partita etc etc, e quindi mi sento uno di quei vecchi che si fermano a guardare i cantieri (e così finirò, a brevissimo).

Sarà che mi sono rotto i coglioni in generale di dover lavorare, e nello specifico di lavorare nel mio attuale posto. Dove, peraltro, mi spostano in un open space e quindi dovrò far finta di lavorare anche quando non ho niente da fare.

Sarà che sono immalinconito di mio, per vari ed eventuali motivi.

Sarà che vorrei fare cento cose, ma ovviamente non ne faccio nemmeno mezza.

Sarà questo, sarà quell'altro.

Fatto sta che, stasera, vorrei essere seduto sul "mio" divano, quello dove mi abbarbicavo sempre sul bracciolo, alla giusta distanza dal fuoco, e con in mano una bottiglia di Coca Cola fresca da cui dare impetuose sorsate. E rilasciare fragorosi rutti. Poi, tirare fuori un Cammello Leggero dal suo pacchetto per anestetizzare definitivamente la gola già provata dalla Coca fresca, e in tutto questo guardare un film stupido, ma proprio stupido, che equivalga a passare l'aspirapolvere nel cervello.
E, seduto lì, avrei tutto a portata di mano: la bottiglia, i Cammelli, il cellulare che un messaggino quì ed uno là e anche perchè se squilla col cazzo che mi alzo a prenderlo, la torta della mamma 'nsisamai che abbia fame, il telecomando, il plaid e tutto l'occorrente per non dover mai sollevare le mie regali chiappe dal divano.
Finchè, ad un'ora improbabile, mi alzerei, prenderei tutto il necessàire sparso intorno al divano e, senza dire una parola, via sotto il piumone, e buonanotte.

martedì, gennaio 23, 2007

Catena e distrazioni

sono stato, ahimè, chiamato in causa per partecipare ad una catena che "impone" (il non partecipare potrebbe comportare terribili sventure?) di sfogliare il libro più vicino fino alla pagina 123. Da questa giungere sino alla sesta, settima ed ottava riga per poi riportarne il testo sul proprio blog. E va bene, non mi sottraggo:

"Rasumichin, meravigliato, lo seguì con lo sguardo. Ma, giunto al primo piano, Raskòlnikov a un tratto tornò indietro, risalì da Rasumichin e, posti sulla tavola i fogli tedeschi, e i tre rubli, di nuovo senza dir nemmeno una parola, se n'andò."

In teoria dovrei fare il nome di 3 persone che proseguano il gioco, ma non conosco altri blogger. Quindi temo che dovrò accollarmi le sventure correlate all'interruzione della catena.

E per il resto, nulla di nuovo. Se non che mi viene spontaneo domandarmi dov'è che ci siamo distratti. Fino a ieri questo e quello, e sveglia all'una, e pranzo alle quattro solo quando quel meraviglioso torpore della sveglia ad orari assurdi è andato via. E notti bianche, e nulla, ed emozioni strane, e pochi pensieri, e tutto il resto.
E poi ieri invece ci siamo distratti, ed è arrivato oggi. Che, beh.. è oggi, con tutti i suoi accessori. E che è a volte apatia, insicurezze, e quant'altro. E poi ti giri e ci sono in serie A calciatori la cui data di nascita si avvicina pericolosamente agli anni '90. E poi quel capello bianco tra le basette. E poi, tutto il resto.

Ma quand'è che ci siamo distratti?

martedì, gennaio 16, 2007

Camminando

E' diverso, non c'è niente da fare. E' fisicamente, diverso.

Le sere d'estate, di camminare, hai voglia. E hai voglia di camminare in compagnia, in gruppo, di star lì a sentire chi la spara più grossa, voglia di ridere e scherzare. Camicie e magliette svolazzanti, quell'aria che così allegro e abbronzato il mondo sarebbe tuo se solo lo volessi. Vestito leggero, a petto in fuori, che hai voglia di contatto, di parlare con tante persone. Camminare d'estate è pop. Pop allegro, spensierato, a volte anche romantico, ma pop: e si passeggia, tanto, che le strade sono accese e il chiacchericcio nelle piazze fa da sottofondo. Passeggiare la sera d'estate è una foto scura ma piena di luci, di insegne. E' un long drink tropicale, con la frutta, che va giù a sorsate perchè hai sete e ne bevi finchè non sei inebetito, e per inebetire quell'allegria e quella voglia di stare in giro ne hai tanti, da bere. E' sigarette appiccicose, con quell'aria calda e umida, è birra per placare l'arsura, è sedersi su gradini o per terra dove capita.

E poi invece c'è l'inverno (le mezze stagioni, si sa, non ci sono più). Che la voglia non ce l'hai, di camminare la sera e prendere freddo, ma se proprio sei costretto, allora è meglio da soli. Si, perchè intabarrato nella sciarpa e col bàvero alzato, tentando di raggomitolarsi il più possibile per rimanere caldo, col vento freddo che pietrifica la faccia, che voglia si può avere di chiacchierare? E allora via, soli nel buio, che camminare d'inverno è una foto in bianco e nero, di quelle bellissime perchè mosse e con le luci fioche. E anche la faccia, con l'espressione corrucciata dal freddo, è perfetta per una malinconica foto in bianco e nero. L'inverno è post rock, quello strumentale che fa da colonna sonora di un ipotetico film sulla tua passeggiata; è sigarette dense, aspirate con forza che con l'aria fredda le senti proprio, ed è liquore bevuto al chiuso in un locale, a piccoli sorsi.
Che poi è inevitabile mettersi a pensare, e i pensieri che si fanno camminando sono assordanti, coprono il traffico, i tram e i rumori della gente; non si riesce a sentire altro se non la voce del proprio pensiero che tagliuzza cose, fatti, persone per poi ricomporle, ma non più com'erano prima.

E quindi, camminando d'inverno, alle volte devi proprio alzarlo tanto, il volume dell'ipod, per riuscire a non sentire quello che pensi.

domenica, gennaio 14, 2007

La verità, amico mio, è noiosa

domenica, gennaio 07, 2007

Teoria dello spazzolino

Tempo fa girava in tv una pubblicità di un tipo che andava ad un appuntamento con lo spazzolino che spuntava dalla tasca della giacca; la ragazza lo vedeva e, di risposta, gli mollava un pugno.
Ora, non ho mai capito perchè lo spazzolino sia considerato un elemento "impegnativo": nel senso, se in un'uscita a due non è stato specificato che il portatore di spazzolino si fermerà per la notte dall'altro, allora quest'ultimo debba sentire la cosa come un'invasione. Ancora peggio quando lo spazzolino rimane lì dopo la notte: normalmente è un motivo d'ansia come se rappresentasse la formalizzazione del rapporto, come ormai io sto con te quindi lo lascio qui.

A me invece l'idea dello spazzolino è sempre piaciuta: certo, ci ho scherzato proprio per come è considerato (ricordo una volta che, vedendone uno che usciva da una borsa, ho commentato: "vedo che non pensavi di fermarti qui", con conseguente rossore - anche se ovviamente l'idea che nel prepararsi per uscire pensasse già di venire da me ha gonfiato la mia autostima), però mi ha sempre fatto piacere che ce ne fosse un altro accanto al mio, immaginandolo come simbolo dell'affetto di qualcuno, e non come un impegno.

Periodi in cui casa mia era un porto di mare ce n'erano anche due-tre (che erano di amici, non di donne, eh), ma la cosa bella è svegliarti, andare in bagno con gli occhietti ancora semichiusi, prendere quello sbagliato e pensare in sequenza con l'unico neurone già disponibile:

"ah, non è il mio, è quello di (..)"
"già, è vero che l'ha lasciato qui"
"cccchebbbbeeeello, vuol dire che pensa di tornare"

Altra storia è quando poi lo devi buttare via perchè il legittimo proprietario non tornerà.. succede a tutti, e dipende da chi ha deciso cosa se è un gesto piacevole o meno. Mi è capitato di doverne buttare qualcuno, però col tempo ho scoperto anche delle varianti:
- il classico "fottiti tu e il tuo spazzolino", e via nel cestino
- il malinconico "lo butto, così non ci penso ogni cazzo di mattina"
- lo speranzoso "non lo butto, lo nascondo, 'nsisamai che magari torna"
- l'ambiguo spazzolino lasciato col cappuccio (che ti avvisa "torna eh, ma chissà quando o comunque di rado")
- lo spazzolino non più incappucciato ("stavolta torno presto").

Che poi, vuoi mettere quanto sembri forte/stronzo se lei torna e non trova più il suo spazzolino?

Ma soprattutto, mi domando proprio se sia normale farsi tante costruzioni mentali, guardando un semplice spazzolino..

lunedì, gennaio 01, 2007

Parafrasando



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