Tutto il resto è disco dance: gennaio 2006

sabato, gennaio 28, 2006

12 canzoni

Ho passato oggi e la prima serata di ieri con in mano un giornale musicale, assaggiando numerosi consigli contenuti nelle pagine. Ho trovato delle perle, che si sono aggiunte alle canzoni già in rotazione: questa è la compilation del mio weekend "nuvoloso", da orso. 12 canzoni, perchè io non sono Hornby e a 31 non riesco ad arrivarci. Come al solito, canzoni prevalentemente malinconiche; il problema è sempre lo stesso: si è malinconici e quindi si ascolta determinata musica, o si è malinconici a causa di ciò che si ascolta?

1. Waves of Grain - Two Gallants. Lunga più di 9 minuti, voce roca e nervosa: i presupposti per piacermi c'erano tutti. Quando ormai sembrava che il weekend fosse dominato dai Clap Your Hands (vedere sotto), ho incontrato questo duo americano. Al suono folk della chitarra si aggiunge il cantato roco, sofferto: la canzone parte pianissimo, ma sale in continuazione ricominciando sempre più (vocalmente) forte e finisce in due minuti di urla disperate, quasi punk. Una vera tempesta emotiva, per chi ama il genere.

2. Steady Rollin' - Two Gallants. Sempre loro, in una canzone più "ordinaria", una ballata trasognata, irruente e allo stesso tempo sentimentale.

3. Over and Over Again (Lost and Found) - Clap Your Hands and Say Yeah. Pop puro, a tratti psichedelico. Se ne parla perchè sono diventati famosi pubblicando le proprie canzoni su un blog, e quindi su un blog non se ne può non parlare. La voce del cantante è, nel resto dell'album (ma meno nel pezzo), accattivante al limite dell'irritante, per quant'è stridula. Il riff elettronico ti si attacca nelle orecchie e non si scolla più: fosse tutto così, la musica pop.

4. Fistful of Love - Anthony and The Johnsons. Album rivelazione del 2005, difficilmente catalogabile. Soul? Blues? Melodramma? Anthony è un travestito che canta ballate romantiche e struggenti. Un gran crescendo di musica e voce.

5. L'Abbandono - Marta sui Tubi. Ne ho già parlato, canzone abbastanza claustrofobica, bel testo sulle cose abbandonate in una vecchia casa dopo una separazione. Ma sono "solo un infinitesimo di me e di te, solo una parte infinitesima".

6. Robespierre - Offlaga Disco Pax. Anche di loro ho parlato, questa a differenza della citata tono metallico standard ha una base elettronica più martellante, e racconta uno spaccato di fine anni '70, quando "il socialismo era come l'universo: in espansione". Momenti top: "gli amici del campetto passati dalle marlboro all'eroina, alla faccia delle droghe leggere" e "la vicina di casa, un travestito di nome Lola, che mia mamma chiamava Antonio con nostro sommo sbigottimento", fino all'elenco toponomastico delle vie con riferimenti socialisti.

7. The greatest - Cat Power. Nel contesto di un album abbastanza noioso, spicca questa perla, una ballata dolcee delicata, accompagnata dalla solita voce instabile di Cat Power. Bellissimi piano e archi. Da ascoltare guardando la finestra, mentre fuori piove.

8. There is No Ending - Arab Strap. Una piccola marcia, inusuale per un gruppo che canta solitamente storie finite male, come se fossero dei Belle and Sebastian pessimisti.

9. Black Gold Blues - Laura Veirs. Il giornale me la cataloga alla voce Pop: ma perchè? Bel ritmo, in cui la chitarra martellante si contrappone alla melodia della voce. Non ho ancora capito il testo, e non riesco a capire se la fanciulla sia incazzata o semplicemente grintosa.

10. Dove Siamo Rimasti a Terra, Nutless - Vinicio Capossela. Da un (bellissimo) album, pieno di ritmi e nuove influenze musicali, emerge questo pezzo di Vinicio alla vecchia maniera. Al pianoforte, a domandarsi con malinconia quando è scomparsa la follia della giovinezza. Affanculo questà serietà, questa lealtà. Bellissimo il pezzo, all'interno, tratto da "C'era una volta in America".

11. Non Trattare - Vinicio Capossela. Un passo della Bibbia musicato (con un perfetto ritmo mediorientale), un salmo per il Dio vendicativo dell'antico testamento, un testo spiazzante per la violenza della richiesta di distruzione del nemico. Finchè nel sangue dell'empio mi laverò i piedi.

12. Via con me (bis) - Paolo Conte. Non penso abbia bisogno di presentazioni; live Arena di Verona, devo aver già detto come l'assolo di fisarmonica mi dia i brividi. Chips, chips; datidubidù scibù scibubum; dattidubidù.


Comunque, ho ancora tante cartelle del pc da esplorare tra stasera e domani, potrebbe saltar fuori ancora qualcosa. Ho tenuto fuori i Baustelle, perchè 12 era un numero più bello di 13. E inoltre, di loro ultimamente si parla abbastanza: a me piace troppo il fatto che lui canti distaccato come se fosse (o è?) un dandy. O forse è semplicemente un Romantico a Milano.

mercoledì, gennaio 25, 2006

No Title #2

Breve intervento musicale.

Mi riallaccio al discorso finale dell'ultimo post sull'importanza del testo, perchè ho ascoltato negli ultimi due giorni due gruppi italiani, che avevo solo sentito nominare: Marta sui Tubi e Offlaga Disco Pax. Dei primi non mi piace tutto, alcune cose sono un pò scontate e non so perchè mi ricordano dei gruppi grunge in acustico, ma mi piacciono molto L'abbandono e Post.
Entrambe finiscono per ripetere ossessivamente una frase: nella prima "Solo un infinitesimo di me e di te, solo una parte infinitesima", mentre la seconda canzone è descritta dagli stessi autori come "il ghiaccio del dopo-eiaculazione che segue al fuoco di una passione passeggera. Abbiamo voluto mantenere l’atmosfera fredda e distaccata con un “non canto”, poi il trombone e l’e-bow hanno reso l’aria irrespirabile, priva di qualsiasi desiderio di redenzione". La frase ripetuta fino all'ossessione è:
"Io non ho sentimenti, solo sensazioni".
Mi piace. Ad ogni modo, il gruppo fa un bel misto tra folk e rock, prevalentemente acustico, bei testi, nel complesso non male anche se come ho detto a volte mi ricordano un'imitazione acustica dei Pearl Jam e quindi un pò scontati.

Gli Offlaga invece partono da basi elettroniche per raccontare storie. Nel senso, la voce declama, non canta: quindi le canzoni assumono la forma di racconti, la base elettronica a volte martella, a volte dà respiro. L'album si chiama "Socialismo Tascabile", quindi ovviamente si parla anche di società post-socialista. Badate bene, non di politica.
Mi piace molto "Tono Metallico Standard", in cui si narra dell'apertura di un negozio di roba cinematografica in una piccola città e dell'altezzoso commesso alternativo che vi lavora. Per finire poi con un commento sull'invidia. Allego testo nei commenti. Fantastiche poi le volte in cui il “cantante” sbraga e fa sentire l’accento emiliano.

Per il resto, tanto Capossela e tre canzoni dei Depeche Mode: Enjoy the Silence, Everything Counts e Home

Abbracci

P.s: sul perchè mi piacciano frasi ripetute ossessivamente, o più in generale le canzoni che hanno qualcosa di cupo e ossessivo, è inutile disquisirne, finchè non l'avrò fatto almeno con uno psicologo. Perchè in realtà ascolto tanta roba che mi farebbe prendere per un malato di mente, a cominciare dai Mogwai: più una canzone e lunga e ossessiva, e più mi piace. Bah

sabato, gennaio 21, 2006

Nevermind, Grace

Giornata nuvolosa
110 millibar
tempo adatto per bruciare
le immondizie le zavorre
da buttare a mare


Oggi, come la citazione soprastante potrebbe far notare, è una giornata nuvolosa. In cui - data la grigezza/grigità del mio animo, potrei parlare di problemi filosofici o di etica moderna libera dai condizionamenti della morale cattolica, ma non so neanch'io di cos'ho voglia. Così proseguo con il secondo episodio de "i fondamentali" - libri, dischi, film che mi hanno cambiato la vita. E parlerò di due dischi. Non voglio dire che siano i più belli o chissà che, ma necessitano un approfondimento per il momento in cui sono arrivati e per il terremoto che hanno provocato.

Dodici - tredici anni. Il primo contatto con la musica rock c'era già, c'erano le fisse per gli U2 e i Queen ancora prima, e un pò di Guns and Roses forse solo per moda. Insomma, iniziavo a comprendere che forse il rock era la mia strada, ma soprattutto - magari un pò precoce - iniziava l'adolescenza con la sua enorme carica di nichilismo e ribellione. Che avevano bisogno di trovare una forma di espressione, di essere incanalati: c'era qualcosa di cui avevo bisogno, ma non sapevo cosa. Ero a casa di un amico di mia madre, una sera, e notai un disco con una stupenda copertina. Gli chiesi di copiarmelo su cassetta, lato A quello e lato B Fear of the Dark degli Iron Maiden (si, abbiamo tutti degli scheletri nell'armadio..). Primo ascolto, primi 10 secondi: avevo trovato quello che stavo inconsapevolmente cercando. Smeels like teen spirit ha sfondato una porta che si sarebbe necessariamente aperta, è stato il manifesto della mia versione del disagio giovanile - quello che tutti abbiamo affrontato. I Nirvana sono l'inizio del mio percorso nella musica alternativa, questo devo riconoscerlo. Loro, i Pearl Jam di Ten e del capolavoro Vitalogy, e una cassetta passatami da un mio vecchio amico, di certi sconosciuti - all'epoca- Marlene Kuntz. Ad ogni modo, Nevermind resterà per sempre quello: il disco fondamentale di un 13-14enne con jeans, Dr. Martens e camicia di flanella, che invece di ascoltare Laura Pausini ascoltava musica rumorosa. Ok, sicuramente è successo a tantissimi della mia generazione, ma sono contento di essere stato iniziato dal grunge, ma soprattuto che i miei ricordi abbiano un determinato genere di colonna sonora. Tutti associamo periodi, e spessissimo fatti, a delle colonne sonore. Pensiamo al ritrovo al bar a 16 anni e -tac!- quell'immagine ha una sua musica. Pensa ad avere ricordi che come sottofondo hanno gli Wham, i Duran Duran o gli Spandau Ballet...
"With the lights out, it's less dangerous. Here we are now, entertain us. I feel stupid, and contagious".

Uno-due anni dopo, su Videomusic vedo passare un video. Un giovane cantante, mai sentito, bello come un Dio ed una voce da brividi. La canzone, Grace, riesco ad ascoltarla due volte a spezzoni, ma me ne innamoro dopo 3 secondi, come succede solo con i capolavori. Leggo anche una recensione su Rockstar e sul Mucchio selvaggio, voti altissimi. Jeff Buckley. Io vivevo a Lecce, nei negozi di dischi non sapevano neanche chi fosse. Obbligai il proprietario del negozio in cui passavo metà dei miei pomeriggi ad ordinarlo per me: mi vanto di aver fatto arrivare io quel disco a Lecce, e solo un annetto dopo lo rivedrò sugli scaffali. Non è il caso di soffermarmi su Jeff, chiunque l'abbia ascoltato sa cosa quell'unico album completo (ce ne saranno altri, ma con canzoni ancora alle prime registrazioni) abbia significato nella storia del rock. Quando morì non ci volevo credere, ma capii quello che ho già detto in un altro post, cioè che simili esseri superiori sono inadeguati a vivere tra i comuni mortali. A cosa ha dato inizio, se già ero un ascoltatore di musica alternativa? Capii che oltre a rabbia e rumore, ci poteva essere tanto altro, malinconia, sofferenza, chitarre acustiche e voci struggenti (kiss me, please kiss me... but kiss me out of desire, babe, not consolation) ma soprattutto testi come mai letti prima. Grace è stata sulle mie smemorande per anni, è diventata il metro di paragone per tutti i testi che leggevo. E da allora li leggevo, sempre. Se ho imparato ad apprezzare appieno il cantato in inglese, se ho imparato a cercare la poesia nei testi, è merito di "There's moon asking to stay, long enough for the clouds to fly me away". Wait in the fire..

p.s. il testo completo nei commenti

giovedì, gennaio 12, 2006

Alta Fedeltà

ho avuto un'idea per una serie di scritti sul blog, che quindi è vivo più che mai: ho solo l'impressione che tre quarti dei click contati in fondo siano miei. E nessuno commenta! Parlerò di libri-film-dischi che mi hann o influenzato, prendendo spunto da lì per arrivare... chissà dove.

Tralascerò le Top Five, e molti degli aspetti che mi accomunano a Rob, il protagonista del libro di Hornby. Il punto importante per me è che molto tempo prima di leggere Alta Fedeltà, diversi testimoni - per lo più persone che ne hanno ricevute - potrebbero confermare che seguivo alla lettera, o almeno conoscevo già senza che nessuno me ne parlasse, le regole per una buona compilation.
"Fare una cassetta è come scrivere una lettera - è tutto un cancellare e ripensarci e ricominciare daccapo (...). Registrare una buona compilation per rompere il ghiaccio non è mica facile. Devi attaccare con qualcosa di straordinario, per catturare l'attenzione, poi devi alzare un filino il tono, o raffreddarlo un filino, e non devi mescolare musica nera con musica bianca, a meno che la musica bianca non sembri nera, e non devi mettere due canzoni dello stesso cantante di seguito, a meno che non imposti tutto il nastro a coppie e... beh, ci sono un sacco di regole".

E' vero. Si prepara una compilation per una persona come si prepara un tema per il professore di italiano, praticamente si mostra un lato intimo di se stessi, solo che si parla attraverso la musica di altri. Così, quando facevo una cassetta prima e un cd poi per qualcuno, sapevo che dovevo mettere da parte almeno un pomeriggio. Le regole sono tante, descriverò le mie in ordine sparso, e magari ne dimenticherò qualcuna che mi viene in mente durante la preparazione.

La compilation nasce generalmente con la musica che si ascolta nel periodo, oppure è tutta formata da grandi classici. Quel che è certo è che ci vuole uniformità di genere, non si può mettere punk e musica classica. Io faccio anche fatica a mischiare italiani e stranieri, mi sembra che suonino male ma forse è una mia fissazione. Il genere della compilation non deve essere fatto su gusti propri, ma andare incontro ai gusti del destinatario o comunque contenere i pezzi più adatti ad educarlo. La scaletta: si parte forte, come dice Rob, con un capolavoro che sappia essere bene la traccia numero uno; ma al massimo due pezzi forti, poi bisogna ridare fiato. Non vanno bene tre capolavori di fila, altrimenti se ne sminuisce sempre uno e comunque si fa pressione sull'ascoltatore che non segue poi il filo. Io ero solito infilare, quà e là, brevi pezzi strumentali, che dessero respiro ma allo stesso tempo si inquadrassero nell'architettura della compilation.
A differenza di Rob, io preparavo la scaletta a tavolino: invece che nastri di prova, devo avere sparsi chissà dove interi fogli di quadernone in cui scrivevo - salvo poi spostarli - i vari brani in ordine. La sequenza è fondamentale per rendere l'ascolto armonioso e coinvolgente. Comunque si scelgono prima i brani, e poi li si ordina. Ne ho fatte di più lunghe, ma 12-13 tracce sono sufficienti.
Non pensiate che queste regole non si applichino (si, magari un pò meno rigidamente) quando faccio anche solo un cd da ascoltare in macchina... se non si rispettano le regole l'ascolto dura poco tempo, e di quel cd si inizieranno a saltare tracce solo perchè non attaccano bene subito dopo altre.

La compilation per una ragazza che ti piace è la summa, il momento di applicazione più maniacale di tutte queste regole. C'è la convinzione che coglierà il tuo animo nobile, che amerà come te la traccia numero uno, che Jeff Buckley avrà da quel momento un'ascoltatrice in più, che capirà quanto lavoro c'è stato dietro e soprattutto che sappia già cosa significa una compilation solo in quanto tale. Che ti amerà solo perchè capace di creare una compilation simile!
E invece, rassegnatevi: quel passaggio nella traccia 4, quella frase che per voi è un palese riferimento ai vostri sentimenti per lei, che chiaramente rimanda allo stato attuale del vostro rapporto, che lei dovrebbe quindi avere chiaro in mente la prima volta che vi incontrate dopo l'ascolto della compilation... beh, non lo coglierà mai.

lunedì, gennaio 09, 2006

UNA STORIA REALMENTE ACCADUTA

- Sono stivali russi, quelli?
Un sorrisetto, una smorfia, la ricerca di condividere con me, a lei di fronte, quell’ironia che appariva pressoché inevitabile.
La ragazza castana non ritenne necessario rispondere a quell’insolita domanda, e si limitò a scuotere il capo, sorridendo di sarcastico stupore.
Quel buffo vecchino, dal canto suo, non afferrò il buon divertimento della ragazza, e continuò a fissare quel paio di stivali.
Marroni, di pelle chiara, gli stivali della ragazza castana erano alti e terminavano con del pelo bianco e grigio, quasi a toccarle le ginocchia. Erano stivali italiani, molto di moda fra i giovani. Stivali normali agli occhi di tutti. Agli occhi della ragazza castana. Ai miei occhi, che li guardavano dal seggiolino opposto dello stesso tram. Agli occhi della signora mascolina che sedeva alla mia destra. Agli occhi dell’autista che li fissava dallo specchietto. Agli occhi dei miei occhi. Gli occhi divini. Ma non agli occhi di quel signore antico.
Il suo nome era Giacinto. Il mio Franco. Quell’uomo doveva proprio appartenere ad un’altra era geologica. Scoprii solo più tardi, inventandomelo, che Giacinto era rimasto ibernato in un laboratorio iperbarico per gli ultimi quarant’anni. Un esperimento militare, credo. Quello era il suo primo giorno di vita dopo lo scongelamento, ed io ebbi la fortuna di godere del suo primo impatto col presente. Che per lui era futuro.
“ Sono stivali russi, quelli?” Uno spassosissimo impatto.
Scesi dal tram, camminai per cinque minuti, arrivai a casa. Prima di entrare, avevo già deciso che non potevo non trascrivere quello che mi era appena accaduto.
Ben tornato tra noi Giacinto, ti presento il 2006!

domenica, gennaio 08, 2006

No Title #1

Mi sono sempre chiesto come facciano i giornalisti musicali a ricordare tante cose dei gruppi che citano, come facciano a cogliere sempre duemila influenze musicali derivanti da chissà quale oscura garage band svedese. Cioè, quante volte ascoltano un album prima di dire di conoscerlo bene?
Secondo me non hanno il tempo materiale per conoscere bene tutto quello di cui scrivono, generalmente decine di album: quante volte si ascolta un album prima di poter dire solo di ricordarlo? Io in un mese anche se volessi non riuscirei a conoscere a fondo 50 nuovi dischi, conoscerne le sfumature e amarli a talp unto da averne poi, dopo qualche mese, un ricordo vivido.
Ma non credo sia lungo il mio processo di ascolto/assimilazione degli album: solo i capolavori si riconoscono al primo ascolto. Prendiamo un esempio: scarico... ehm, compro un album dei The qualcosa (ormai tutti i gruppi rock si chiamano col The seguito da una sola parola tipo strokes, coral, vines eccetera) e voglio vedere se davvero sono così meritevoli dei consigli della rivista di turno. Primo ascolto: alle prime canzoni si presta maggiore attenzione, e se il sound inizia a piacere si prosegue, altrimenti l'ascolto diventa sempre più veloce fino al salto delle tracce 12-13 (se presenti). A fine primo ascolto, direi che ricordo generalmente poco o niente - magari qualche riferimento, forse un paio di tracce che mi sono piaciute più di altre. Per ricordarmi i titoli (cioè per far fare il salto da "la numero 4" a "Sunshine and Clouds" per prendere come esempio la canzone che sto ascoltando adesso), per scegliere canzoni che preferisco, mi ci vogliono altri ascolti. Poi, se proprio mi piace, entra in ruota e oscura altri album per qualche giorno - in cui quindi non ne conoscerò di nuovi. Ci sono gruppi celebratissimi di cui a stento ricordo una canzone. Altri album - l'ultimo Capossela ad esempio, hanno bisogno di giorno solo per comprenderli, figuriamoci per quanto resteranno in heavy rotation.
I giornalisti musicali invece.... come cazzo fanno???

giovedì, gennaio 05, 2006

Lanterne rosse

Rieccomi. Dopo feste, festoni, festini, cene, cenoni, luccichii, scintillii e tutto quanto possa ricordare Natale e dintorni.

In teoria ho creato un blog con l'intenzione di non scrivere cose personali. Lo scopo era parlare di musica, scrivere racconti/esercizi di scrittura o cmq qualcosa in cui il lettore potesse ritrovarsi. Anche per questo Frank è il collaboratore ideale. Oggi però - ho anche un pò le palle girate - scrivo un pò di me, probabilmente dei miei lati peggiori.

Ho passato 5 giorni nella mia città Natale. Bene, mi sembra aver già espresso il disagio che provo nel viverci: ho avuto solo l'ennesima conferma che star lì mette anche a nudo una serie di mie incapacità, di nevrosi, di limiti se vogliamo, forse anche di difetti. Difetti che conosco benissimo: tanto per fare un esempio, non sono capace di condurre conversazioni stupide. Se uno inizia a parlare del tempo, del traffico o di una qualsiasi banalità, è come se mi strappassero la lingua e mi ovattassero il cervello: riesco solo a mugugnare frasi sconnesse. Ho difficoltà a socializzare, salvo poi - superata la conoscenza e preso confidenza con una persona - essere molto di compagnia (o almeno mi sembra). Per i motivi sopra descritti, odio trovarmi in mezzo ad un gruppo già affiatato se non conosco nessuno. Quando una di queste situazioni (conversazioni banali, nuove conoscenze, gruppo sconosciuto) si verifica, mi sento come Woody Allen a Manhattan... nevrotico può rendere l'idea ma mi sfugge una parola più adatta.
Che c'entra tutto questo con Lecce? Beh, per fare un esempio lì si fa finta di essere tutti amici, si parla di idiozie, si incontrano solo persone conosciute -che spesso fucileresti senza rimorso alcuno- che ti dispensano enormi doppibaci (smack! smack!) di saluto. Ci sono tanti motivi per cui non mi piace vivere lì, ma in più si verificano le situazioni che mi provocano nevrosi e, in particolare, va di moda l'assembramento. Ovvero la riunione in uno spiazzo antistante un locale (la dimensione del locale è inversamente proporzionale alla gente che vi si raduna) di milioni di persone. Non c'è niente da fare, lì mi sento un pesce fuor d'acqua. Lo spunto mi è venuto proprio dall'ultima serata a Lecce, in uno di questi assembramenti; in più, si parla solo di cannefumotroviamoqualcosadafumare/ alcooldaibeviamo/ alloracifacciamoamerdabeviamofumiamo etc etc. E se questi argomenti non ti interessano (quantomeno, non mi piace pubblicizzare il mio tasso alcolico, non mi sembra una cosa interessante), se non trovi argomenti di discussione perchè i tuoi interessi non collimano con quelli degli autoctoni, sembri un alieno agli occhi di tutti. Io probabilmente alieno lo sono.

Forse non ho reso l'idea; ad ogni modo mi sono già dilungato troppo. Chiudo, non prima di aver dato il primo consiglio2006: la versione di "Via con me" di Paolo Conte live Arena di Verona... l'aggiunta della fisarmonica è da brividi.
Ma soprattutto... ho ascoltato in anteprima il nuovo Vinicio Capossela. Difficile da ascoltare, molto. Spiazzante. Eclettico. Religioso. Tanti ritmi, tante sonorità diverse miscelate ancora più che in Canzoni a Manovella, tante canzoni scritte come se fossero salmi. Al primo ascolto dici "5 anni di attesa, per questo? Bah, giusto un paio di canzoni valgono". Ma dopo 3 giorni di ascolto mi avvolge sempre più. Io e Nutless siamo ormai una cosa sola (Affanculo questa serietà, questa lealtà è un momento che vale un album), sono sicuramente dalla parte di Spessotto, e la mia protettrice -per me naufrago- è la Santissima dei Naufragati. Lanterne Rosse è la canzone che ascolterei camminando di notte, da solo, illuminato solo dai lampioni e dalla luna. Eterea e allo stesso tempo intima. Au revoir.

lunedì, gennaio 02, 2006

MMVI

"Ma certo che le piaci! E' evidente! Lo si capisce dal modo in cui ti ha ignorato!"

Che lo 06 possa essere come lo 05. Anche se di sicuro non mi ri-laureo.
Abbracci di auguri

M



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